lunedì 22 agosto 2016

Strukul versa il sangue dei baroni (e degli sboroni)

Il sangue dei baroni - Matteo Strukul

Finalmente il romanzo che aspettavo da tempo da Strukul


"Ebbe un moto di disgusto alla vista di quel volto sbranato, dai capillari scoppiati, dalle chiazze di sangue rappreso. I lividi erano macchie infami di una dignità che lui aveva strappato. Il dono maledetto della cieca furia di un uomo."
[Il sangue dei baroni - M. Strukul]
 
Essendo padovano anch'io come Matteo Strukul mi sono sempre sentito in dovere di leggere le sue opere, per fortuna contenuti e stile sono sulla mia stessa lunghezza d'onda. Autore versatile dalla prosa sorprendente, ottimo promotore di se stesso, a differenza di altri scrittori italiani, sa come ingraziarsi la carta stampata e i colleghi, che di rimando spingono volentieri le sue opere. Sui social si muove a proprio agio esaltando o stroncando film, libri e serie tv, io pur non essendo un esaltatore e tenendomi lontano dall'idea di vedere tutto o bianco o nero apprezzo chi prende posizioni.

Veniamo alle sue opere, i primi suoi romanzi che ho letto sono stati i tre di Mila Zago, la cazzuta ragazza coi dreadlocks rossi che tra katane e pistole fa un macello, storie semplici e ricche d'azione, veloci, puro intrattenimento e spasso per il lettore. Una lettura leggera e piacevole. Viene poi "La giostra dei fiori spezzati" per una Mondadori che non lo promuove come fa con altri autori (se lo avesse fatto avremmo già un seguito mi sa, e/o e Multiplayer invece hanno fatto un lavoro magnifico a riguardo pur essendo realtà editoriali ben più piccole). Questo primo thriller storico ci porta in una caccia al serial killer ambientata alla fine del 1800 a Padova. Questa storia è stata croce e delizia per me, l'ambientazione patavina, ricreata in maniera magnifica, mi ha proprio esaltato così come il personaggio simil Sherlockiano di Alexander Weisz. Purtroppo ho trovato le parti storiche piuttosto slegate da quelle avventurose quasi a voler sfoggiare a forza tutte le ricerche che l'autore avrà fatto (tante e si vede) sulla Padova di quel periodo. Una sfaccettatura del finale poi... è inaccettabile anche per un bambino di otto anni. Sta di fatto che vorrei rivedere nuovamente tali protagonisti all'opera. "I cavalieri del nord" porta Strukul a fare l'ennesimo salto di qualità, qui le parti storiche e romanzate sono perfettamente amalgamate e la prosa raggiunge livelli d'eccellenza che mi ha costretto a rileggere più volte alcuni passaggi tanta era la classe con cui sono scelte parole e costruite le frasi, muscoli letterari belli gonfi e lucidi. Tutto perfetto? Purtroppo no, forse complice un argomento e un'ambientazione che non mi danno grandi emozioni la storia l'ho digerita poco, senza divorare come al solito il romanzo di turno spinto dal "vediamo che succede". Per il mio gusto la noia era dietro l'angolo, sono in controtendenza da quello che leggo in giro, mea culpa, inoltre la conclusione non risolutiva, come fosse la prima parte di una trilogia (e i protagonisti si presterebbero bene a questo), non aiuta il mio giudizio.

Arriviamo dunque a "Il sangue dei baroni" e qui amici ci siamo, l'evoluzione narrativa è completa, tutte le eventuali mancanze dei precedenti romanzi sono state colmate, via gli orpelli inutili, le ambientazioni storiche ambiziose, qui abbiamo semplicità e schiettezza al servizio di una Padova contemporanea. La migliore opera di Matteo Strukul è servita.
La storia: libera università di Padova, Daniele Capovilla è appena stato silurato per il ruolo di ricercatore a favore della figlia del preside della facoltà di Giurisprudenza, questo darà il via a un escalation di eventi di cui tutti perderanno il controllo e in cui gli innocenti non esistono e una dura punizione non si lesina a nessuno.
Ci troviamo di fronte a 270 pagine senza fronzoli, con personaggi ben caratterizzati, tosti, stolti, psicopatici, nobili, criminali, troie, di tutti i generi possibili per una vicenda che dopo una ventina di pagine non puoi già più mollare. Sangue, sparatorie, giochi di potere, tradimenti, sesso, non manca niente. Un romanzo pulp, un noir dove nulla è lasciato al caso, la scrittura è meno pomposa ma più graffiante, secca, spietata, parole come schizzi di sangue che arrivano sul muso del lettore senza preavviso. All'inizio della lettura mi venivano in mente le opere di Piketts ma è durata poco, ben presto se dovevo pensare a chi paragonare stile e situazioni pensavo subito a Victor Gischler.
Strukul parla senza peli sulla lingue dell'ambiente accademico del quale nella pagine del romanzo fa una critica spietata, feroce, e gran poco velata. Una critica da parte di uno che è laureato in giurisprudenza a Padova e ha conseguito un dottorato di ricerca a Venezia in diritto europeo, uno che scrive con cognizione di causa che mi ha dato parecchio da pensare a vittime, carnefici, e ha cosa ha visto e vissuto lui personalmente.

Un romanzo davvero consigliato.

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"Cero che funziona così! Come dovrebbe funzionare, scusa? Ti sei dimenticato come sei diventato dottorando di ricerca tu?" dice lo spietato preside Carlo Alberto De Marchi. 

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